Dream On
Abbiamo tenuto gli occhi serrati come in un sonno eterno senza riposo. Li abbiamo chiusi per vedere, guardarci dentro, ascoltare ciò che non ha voce, intuire ciò che non è ancora accaduto.
Qualcosa brulica sotto il velo delle palpebre. Scorrono immagini, luci, ombre e suoni, che attendono non attendono altro che essere risvegliati.
Il sogno non è uno spazio illusorio, è la traccia di ciò che esiste al di sotto del conscio, negli antri profondi dell’inconscio collettivo, un’eco dell’origine, un’intuizione delle possibilità, un richiamo del reale che non è ancora accaduto. Il sogno è la dimensione altra di ricongiungimento alla coscienza collettiva, una rimiscelazione dei dati raccolti in veglia con i simboli archetipici della percezione umana.
In principio c’era il silenzio. Un silenzio pieno come il buio prima della nascita, come la stanza che attende un respiro. Da quel silenzio antico, qualcosa ha cominciato a vibrare – non parola, ma suono. Un suono che non spiegava, ma creava. Un suono che non diceva, ma mostrava. E quel silenzio si è fatto spazio, e poi tempo, e poi forma. Noi entriamo in quel vuoto per ascoltare ciò che ancora non ha nome. Sogniamo, come chi varca una soglia invisibile. Sogniamo, sogniamo insieme, ad alta frequenza.
LA MUSICA COME RIVELAZIONE E LINGUA RITUALE NEL MONDO COME VISIONE INTERROTTA
Viviamo in un tempo che ci consuma, ci taglia in unità misurabili, ci spinge avanti senza chiedere dove. In una realtà che si presenta distorta e distopica, il nostro contemporaneo è lo scenario desolante della crisi, l’accelerazione e l’alienazione. Condannati all’estinzione come le api, che non trovando più lo spazio di aggregazione, creazione e vita, nella loro frammentata dispersione, lasciano morire l’alveare; ma ogni sogno interrompe il ritmo, apre un varco: un attimo di eternità che respira oltre la cronologia. Un portale in cui addentrarsi in punta di piedi, o danzando.
I suoni che ci attraversano disegnano la mappa dei sogni e ne plasmano la materia. Evocano col linguaggio non lineare spazi senza nomi generati dal caos fertile. La sperimentazione sonora è medium, apertura di portali percettivi: ogni incontro con lo spazio sonoro genera un varco in una nuova dimensione contenuta nel reale. Ogni suono è un sogno incarnato e genera un linguaggio, in un alfabeto fatto di vibrazioni, errori, silenzi e metamorfosi parla attraverso i nostri corpi. Il suono che si sprigiona è materia viva: si deforma, muta, respira con noi, è un sogno che ha imparato a suonare.
“Giocare a un gioco in cui le regole continuano a cambiare.” – Ursula K. Le Guin
LA SACRALITÀ DEI CORPI NELLO SPAZIO-TEMPO ALTRO
“Il tempo non è una linea, ma un sentiero che si apre mentre lo si percorre.” – Karen Barad
ROBOT non ha orologio, il tempo non corre: si piega, si apre, si estende. La narrazione del mondo lineare non ci è più funzionale. Costruiamo una nuova cronologia: ritmica, ciclica, collettiva, mutante. Il futuro non è scritto. Creato, nel movimento, prende forma nei nostri corpi, nella danza. Nel sogno, il tempo perde i suoi argini. Si dilata, si avvolge, si spezza. Eterno presente in cui futuro e passato si uniscono per risvegliare i nuovi tempi. Qui si accede al tempo altro, quello che la memoria non ha ancora contenuto. Il tempo ordinario non regge qui: si dissolve. Siamo immersi in una temporaneità sacra, creata insieme. Ritroviamo il ritmo originario: quello del battito, del respiro, dell’attesa fertile.
“Ogni essere umano è un abisso: ci viene incontro, ci guarda, e si ritrae.” – Clarice Lispector
Sognare è anche scegliere. Scegliamo la cura, la lentezza, la diversità, la libertà di essere corpi complessi e non conformi. Questo spazio è per tuttə. È sicuro. È aperto. È in divenire. In questo luogo – che è sogno, soglia, ascolto – ogni corpo è accolto, è altare, ogni presenza risonanza. Non ci sono platee: solo cerchi sacri ritmati dalla vibrazione collettiva. Privi distinzioni, solo presenza.
LA TRASFIGURAZIONE COLLETTIVA, UN INVITO AL SOGNO
“L’uomo è investito nelle cose e le cose sono investite in lui.” – Maurice Merleau-Ponty
E quando il suono si spegnerà, quando torneremo a chiamare giorno ciò che prima era sogno, sapremo di aver portato qualcosa con noi. Forse un’immagine, un silenzio nuovo, un gesto che nessuno ci ha insegnato. Forse la semplice certezza che sognare insieme è possibile. Il sogno risanato non sparisce: si diffonde. Si rigenera. I sogni non chiedono spiegazioni. Si annunciano come visioni, si dissolvono come nebbia, eppure lasciano segni che restano. Non lasciarli svanire. Sogna ancora. Sogna per chi ha dimenticato. Sogna con le orecchie, con i piedi, con la pelle. Sogna – e il mondo cambierà forma, il mondo accadrà intorno a te.
Scritto da Vivien Andrea Naforianu Székely.